L'imperialismo culinario e gli ultrà delle balene

Pensateci. Potreste reagire scoppiando a ridere. Ma, se questo atteggiamento venisse dalle nazioni più potenti della Terra e queste nazioni avessero la possibilità di bloccare la macellazione dei conigli e degli agnelli, forse ridereste meno. E se, ancora, effettivamente bloccassero la produzione di carne di coniglio e agnello per vent'anni, allora forse v'incazzereste anche un po'. Bene: è quello che succede da 20 anni ai giapponesi per la carne di balena.
"Scandalo!" dirà qualche animo nobile volto da fremito ambientalista. "Non vorrai difendere il massacro delle balene?". No, non è questo il punto. L'idea di marcopolo è un'altra. Sulla questione della protezione delle balene ritiene ci mangino in troppi e, alla fin fine, questa lotta "ideologica" sui mammiferi marini spinge a uccidere più cetacei del necessario.
E' un'idea da sempre di marcopolo, ma oggi ne ha avuto una conferma leggendo un bell'articolo apparso su Japan Focus a firma David McNeill. Si tratta di un corrispondente inglese da Tokyo. McNeill racconta che, avendo avuto l'ennesima richiesta dal suo giornale di un servizio sulla caccia alle balene, è andato a raccontare la storia di un'azienda che inserisce carne di balena nel cibo per animali. Intervistando il gestore, si è reso conto di non aver a che fare con un mostro e ha fatto un pezzo in linea con quest'impresione. Ovviamente, il pezzo è stato cestinato.
"Io capisco come si sente la gente, ma onestamente non riesco a comprendere come possiate considerare le balene carine. Per me

Sulla popolazione delle "minke" ci sono dubbi. Gruppi ambientalisti affermano che non è vero che ci siano tutte queste balene in giro, i giapponesi (assieme a Norvegia e Islanda, altri paesi balenieri) dicono che il bando, imposto dal 1986, serve soltanto alle grandi organizzazioni ambientaliste (come Greenpeace). Fatto sta che nella prossima riunione di giugno dell'International Whaling Commission (IWC) ci saranno scintille, anche perche' i paesi balenieri sono convinti di avere il 51 per cento dei voti che, pur non bastando per eliminare il bando (ci vorrebbe il 75 per cento) porrebbe nelle loro mani un'arma notevole.
Certo, la storia sa essere davvero ironica. Nel 1854 lo statunitense commodoro Perry aprì con la forza i porti giapponesi: servivano agli americani come sosta di rifornimento per le loro baleniere. Oggi gli stessi americani nicchiano. In questo senso, l'accusa di "imperialismo culinario" che arriva da Tokyo ha sicuramente un senso. Purtroppo quest'accusa arriva da politici nazionalisti, spesso associati a un revisionismo storico e a forme revanchistiche. Ma, sulla questione delle balene, una certa presa quest'accusa ce l'ha.
"Io penso che sia possibile usare le risorse della caccia alle balene in una maniera sostenibile", ha affermato a McNeill il capo dell'Agenzia della Pesca Hideki Moronuki. "Noi - ha aggiunto - non abbiamo molto territorio, abbiamo il mare. Il Giappone ha già perso molto della sua cultura. Paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno le loro risorse e noi non diciamo loro cosa mangiare".
E' un discorso così irragionevole? Il concetto di sostenibilità nell'utilizzo delle risorse, d'altronde, è utilizzato in tanti modi e spesso suona anche un po' ipocrita. Anche in questo caso, potrebbe essere così. Ma andiamo a vedere i dati reali. Il Giappone già oggi caccia circa 1.000 balene all'anno (2.000 vengono cacciate da tutti e tre i paesi balenieri messi assieme). Tante. Se ci fosse una liberalizzazione, molti ritengono che ci sarebbe un boom, ma non tutti la pensano così.

Alcune link per capirne di più:
Commissione baleniera internazionale (International Whaling Commission)
Caccia alla balena in Giappone (Wikipedia)
Whaling Library
Environmental News Network
Daily Telegraph
Greenpeace Italia
Greenpeace International
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