lunedì, aprile 02, 2007

I nuovi capi di al Qaida


Una nuova generazione di leader di al Qaida è salita al potere. A scriverlo è oggi un articolo ben documentato del quotidiano statunitense New York Times, che fa il punto sulla situazione del "brand" terroristico più duramente avversato, a parole, dagli Stati uniti.

Dopo la cattura o la morte di molti dei leader che hanno progettato l'attentato dell'11 settembre, nelle province tribali del Pakistan, dove coabita coi talebani, al Qaida si è riorganizzata. I servizi d'intelligence occidentali, partendo dal fallito maxi-attentato agli aerei in partenza da Londra, che doveva avvenire l'estate dell'anno scorso, hanno potuto mettere insieme un possibile nuovo organigramma dell'organizzazione fondata da Osama bin Laden.

A coordinare l'attacco poi abortito sarebbe stato Abu Ubaidah al Masri, un egiziano veterano delle guerre d'Afghanistan. Ma costui sarebbe solo una delle nuove figure di al Qaida che tengono in piedi la struttura. Secondo la CIA ormai al Qaida è un insieme di snodi, di "hub" terroristici, che non dipendeno più da un legame diretto con Ayman al Zawahiri o con Osama bin Laden.

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mercoledì, settembre 13, 2006

Osama è vivo e si sposta liberamente


Avvertite George W. Bush che il suo vecchio amico Osama Bin Laden è stato recentemente visto scorazzare liberamente per le strade pachistane. Non è uno scherzo, ma informazioni pubblicate in esclusiva da Asia Times Online, secondo le quali il capo di Al Qaidda si sarebbe recentemente trasferito dal Waziristan meridionale, nell'area tribale del paese guidato da Pervez Musharraf, all'Afghanistan orientale (province di Kunar e Nuristan, oppure a Bajour, una piccola agenzia tribale pachistana lungo la frontiera di Nordovest).

Lo sceicco avrebbe viaggiato in un grosso camio, non in convoglio, scortato da pochissime guardie. Secondo quanto scrive Atol, riportando informazioni provenienti da ambienti vicini ad al Qaida, Osama starebbe in buone condizioni di salute, essendosi ripreso da gravi problemi ai reni.

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martedì, settembre 12, 2006

Turchia, bomba a Diyarbakir: strage di bambini


Un'esplosione nella città della Turchia meridionale di Diyarbakir ha provocato questa sera almeno dieci morti e quattordici feriti. La maggior parte delle vittime, sette, sono bambini. La polizia ha appurato che si è trattato di una bomba azionata con un telefono cellulare.

La deflagrazione è avvenuta nelle vicinanze di una scuola elementare, secondo quanto riferisce un'agenzia di stampa locale. Secondo testimoni, per l'esplosione sono stati sparsi su un'ampia area pezzi di corpi e sangue.

Diyarbakir è una città turca ad ampissima maggioranza curda e i gruppi di militanti indipendentisti hanno alzato il livello dello scontro e nella giornata c'erano già stati altri allarmi bomba nella città.

Nel conflitto tra Ankara e i militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) dal 1984 hanno perso la vita più di 37mila persone.

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lunedì, settembre 11, 2006

Mercenari a caccia di Osama (...e tornarono a mani vuote)



A volte viene da dire: ma vuoi vedere che davvero non lo vogliono acchiappare? Stiamo parlando ovviamente di Osama Bin Laden, il nemico pubblico numero 1, il capo di al Qaida. Già il sospetto era forte, considerando i pochi uomini che sono stati dislocati nelle montagne dell'Afghanistan (e di Tora Bora) a dargli la caccia. Ora scopriamo anche che la Cia è tanto poco interessata ad acciuffare lo sceicco, da non voler neanche mettere a rischio i propri operativi e preferisce mandare mercenari (oh, pardon, ora si chiamano "private contractor"). La rivelazione viene da un libro che sarà pubblicato tra poco: License to Kill del giornalista Usa Robert Young Pelton, di cui Intelligence Online ha dato un anticipo.

L'operazione sarebbe stata voluta dal vecchio capo del Centro antiterrorismo della Cia Joseph Cofer Black: 64 mercenari, ex componenti dei corpi speciali a stelle strisce, sono stati inviati in Afghanistan per intercettare e, magari, fare la pelle a Osama. A guidare il team il freschissimo Billy Waugh. 71 anni.

Inviati in tre province afgane (Gardez, Logar e Paktia) gli uomini d'oro a stelle e strisce, con il supporto di 300 combattenti afgani arruolati in loco, non hanno cavato un ragno dal buco. Quando si dice che il privato funziona meglio del pubblico...

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L'11 settembre e quello che è venuto dopo








Il mondo dopo l'11 settembre 2001. Cinque foto per rappresentare quello che è (e non che è stato) per tutti noi , per la nostra civiltà, l'11 settembre. La logica del conflitto di civiltà è smentita dall'assoluta solidarietà dei contendenti nella logica della morte, del sopruso, dell'abuso. Dall'attacco alle Torri gemelle (Foto 1), all'attacco in Iraq (Foto 2), dalle bombe di Londra (Foto 3), alle torture di Abu Ghraib (Foto 4), fino alla strage di Qana in Libano (Foto 5) il filo conduttore è uno solo: l'orrore.

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domenica, settembre 10, 2006

Torna Omar, se ne va al Sistani


In questi giorni di trionfalismi "libanesi" e di dibattiti un po' provinciali, da italietta incapace di valutare la portata degli eventi che si susseguono tra un'opposizione che dice "no" per ripiccuccie infantili e una maggioranza che si fa opposizione da sola, stanno avvenendo fatti di portata enorme nei due teatri di guerra che hanno visto e ci vedono impegnati direttamente: l'Afghanistan e l'Iraq.

Afghanistan

Le notizie di oggi parlano di un governatore provinciale ucciso da un kamikaze e di un'attacco della Nato nel sud del paese, costato la vita a un soldato dell'Alleanza atlantica e a 94 miliziani. Roba di tutti i giorni, si può dire, in quella che è una guerra guerreggiata mai conclusa veramente. Eppure è il contesto che sta prendendo contorni sconvolgenti.

L'Afghanistan sembrava una guerra ormai vinta: li ricordate i profeti entusiasti della Pax Neoconservatrice celebrare l'Afghanistan libero e democratico? Beh la guerra non solo non era ancora vinta, ma gli Stati Uniti e la Nato sembrano star facendo di tutto per perderla. Per esempio, hanno messo sul terreno solo 40 mila uomini. La Nato sta chiedendo ai paesi membri uno sforzo di altri 2.000-2.500 uomini, ma ci vorrebbe ben altro per controllare il territorio. In Iraq solo gli americani hanno 140mila soldati...

Sul terreno le cose si mettono male, anche perché il vecchio tutore dei talebani, il Pakistan, sta tornando alle vecchie posizioni pre-11 settembre. Il generale Pervez Musharraf non è mai stato così debole: puntellandosi ai partiti islamici, cerca di resistere agli attacchi che gli vengono da ambienti militari sempre più ostili e sempre più vogliosi di rimettere a Kabul qualche fantoccio manovrabile. Il tutto mentre le zone tribali al confine con l'Afghanistan, il Waziristan, restano al di fuori del controllo di Islamabad.

Il Pakistan ha di fatto siglato una tregua coi talebani. Secondo le notizie diffuse dall'intelligence Usa, il capo dei talebani, il misterioso mullah Omar, si nasconderebbe (ma mica tanto nascostamente...) proprio in quelle zone tribali pachistane. Islamabad avrebbe ormai rinunciato a dare la caccia a lui e agli uomini di al Qaida (tra cui forse Osama Bin Laden e Ayman al Zawahiri).

L'accordo, spiega in una corrispondenza per Asia Times Online il giornalista Syed Saleem Shahzad, prevederebbe anche la liberazione di una serie di uomini di primo piano di al Qaida e dei talebani, prigionieri in carceri pachistane. Tra questi Ghulam Mustafa, considerato il capo qaedista in Pakistan.

Da un punto di vista meramente militare questo accordo mette i talebani in condizioni di essere più tranquilli nei loro attacchi contro le forze della coalizione in Afghanistan. Shehzed sostiene che ormai i talebani hanno di fatto il controllo sulla gran parte dei settori sudoccidentali del paese, da dove presto Omar dovrebbe annunciare al mondo la rinascita dell'Emirato islamico d'Afghanistan (nome ufficiale del apese sotto i talebani). Dopodiche' dovrebbe iniziare, probabilmente la prossima primavera, la nuova avanzata verso Kabul.

La popolazione, se nella gran parte del paese continua a essere ostile ai talebani, comincia tuttavia preferirli agli occidentali. Il motivo è semplice: della ricostruzione promessa sono arrivate solo le briciole, mentre la fallimentare politica anti-narcotici ha tolto la sussistenza a molti contadini poveri. Secondo il think tank Senlis Council, siamo a una vera e propria crisi umanitaria. Attorno a città come Kandahar, un tempo roccaforte dei talebani, ci sono ormai accampamenti di disperati affamati. In questo contesto, rischia di passare un messaggio dei talebani: quando noi eravamo al potere eravate meno liberi, ma almeno non morivate di fame.

Iraq

Le cose non vanno affatto meglio in Iraq. Secondo le notizie che filtrano dal teatro, gli Stati Uniti avrebbero di nuovo perso il controllo reale (ma l'hanno mai avuto?) del cosiddetto "Triangolo sunnita", cioè di quell'area che comprende le città di Ramadi, Fallijah, Haditha. Si tratta dell'area in cui gli americani hanno perso circa 1.000 degli oltre 2.600 soldati persi in questa guerra. Questo nonostante abbiano di fatto raso al suolo Fallujah e disposto ingenti forze nella provincia. Peraltro, si tratta di una zona cruciale per i collegamenti: la provincia di al Anbar confina con Giordania, Siria e Arabia saudita e vi passa l'autostrada tra Amman e Baghdad. Lungo quest'arteria, diverse zone sono sotto il controllo dei ribelli, che attaccano liberamente i convogli americani.

I residenti sono sempre più arrabbiati con gli americani. Oltre al fatto che questa è zona sunnita, e i sunniti hanno molto da rimproverare agli statunitensi che hanno di fatto messo l'Iraq nelle mani di sciiti e curdi, c'è anche il fatto che, oltre alla distruzione di Fallujah, ora stanno radendo al suolo parte della città di Ramadi per rendere più agevole il controllo della sicurezza delle loro postazioni. E usano sempre il pugno pesante nei rastrellamenti.

La cosa più enorme, tuttavia, è accaduta da un punto di vista politico e sul fronte sciita. Lo ricordate il grande ayatollah Ali al Sistani? E' quel signore con la lunga barba bianca e il turbante nero, massima autorità religiosa del mondo sciita assieme agli altri due grandi ayatollah Ali Khamenei e Ali Akbar Montashemi, che nei due anni scorsi è stato il vero motore della politica irachena e ha permesso di sperare in una svolta democratica.

E' stato lui a imporre agli sciiti iracheni una collaborazione "onorevole" con le forze d'occupazione statunitensi, pur essendo contrario alla loro presenza. E' stato lui a bloccare ben due rivolte capeggiate dal più giovane, focoso e intraprendente Muqtada al Sadr. E' stato lui, ancora, a dire agli iracheni che andare a votare è "un dovere religioso". Addirittura a dire alle donne che, se i loro mariti avessero impedito loro di andare al voto, avevano il diritto di disubbidire. E' stato lui a coagulare le forze politiche sciite (da al Dawa allo Sciri) in un'alleanza che ha portato alla formazione del governo di Nour al Maliki.

Ebbene, questo grande religioso (nient'affatto moderato: cerchiamo di essere chiari!) dal passaporto iraniano e dall'accento persiano, pare che sia molto deluso dalla piega che ha preso la situazione. Nel paese si susseguono rapimenti, uccisioni (alcune mirate, altre meno), violenze tra sciiti e sunniti, ma anche tra milizie diverse sul fronte sciita. Nel rapporto col nuovo tutore del paese, l'Iran, nonostante l'immutata ed enorme deferenza etico-religiosa nei confronti di Sistani, sembra sempre più guadagnare punti al Sadr. Insomma, il disegno gradualistico del vecchio ayatollah sembra essere sfociato nel caos. Sistani ne ha preso atto e si è fatto da parte. "Non sarò più un leader politico. Sarò contento di ricevere richieste solo su questioni religiose", ha detto in questo weekend. "Non sono in grado - ha detto ancora - di fermare la guerra civile".

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sabato, settembre 09, 2006

Saddam alleato di Osama? Tutte balle!


Stava preparando la bomba atomica, aveva stretto un patto con Osama Bin Laden...Per mesi i cosiddetti esperti di geopolitica avevano ammorbato il circuito mediatico globale con disquisizioni dotte e dettagliate sulla pericolosità di Saddam Hussein, il macellaio di Baghdad. Lo scopo: creare agli Usa le condizioni per attaccare l'Iraq.

Erano tutte balle. Saddam era un tiranno sì, ma un tiranno come tanti altri, con alcuna possibilità di mettere a rischio la sicurezza globale, come l'amministrazione Bush e i suoi fan sparsi nei cinque continenti volevano farci credere.

A dirlo non è qualche network antimondialista, ma il Senato degli Stati Uniti d'America che ha pubblicato due rapporti sulle cause della guerra in Iraq. In questi documenti, si esclude che Saddam avesse stretto alleanze con i fondamentalisti islamici. Come a dire: l'attacco all'Iraq non c'entra un fico secco con la Guerra Globale al Terrorismo.

"Saddam Hussein - afferma una delle conclusioni del rapporto - non aveva alcuna fiducia in Al Qaida e considerava gli estremisti islamici come minacce al suo regime, rifiutando tutte le richieste di Al Qaida di aiuto materiale e operativo".

Stampiamocele in mente queste parole, in queste ore in cui settori neoconservatori Usa stanno imbastendo una campagna nella speranza (speriamo vana) di far scoppiare un'altra guerra, che sarebbe ben più sanguinosa, nei confronti dell'Iran.

I rapporti potete leggerli cliccando sulle seguenti link:

http://intelligence.senate.gov/phaseiiaccuracy.pdf
http://intelligence.senate.gov/phaseiiinc.pdf

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giovedì, giugno 08, 2006

Ucciso al Zarqawi in raid aereo Usa

Abu Musab al Zarqawi, l'uomo considerato capo di al Qaida in Iraq e responsabile di decine di attentati e delle decapitazioni di ostaggi, è stato ucciso. Lo ha affermato oggi il primo ministro iracheno Nouri al Maliki in una conferenza stampa, tra gli applausi.

Il terrorista giordano sarebbe stato ucciso in un raid aereo statunitense nella provincia di Diyala, 50 km a nord est di Baghdad. L'uccisione sarebbe avvenuta ieri sera. Assieme al leader terrorista, a cui gli americani imputano migliaia di morti, sono deceduti sette collaboratori.

La notizia della morte del terrorista giordano è stata confermata anche da un sito internet considerato vicino ad al Qaida, dove è stato pubblicato un comunicato di cui, tuttavia, non è stata ancora valutata l'autenticità.

Secondo quanto riferito da al Maliki, il raid è stato lanciato dopo che le forze di sicurezza irachene avevano ottenuto da informatori locali la notizia della presenza del decapitatore giordano in una casa identificata. Tuttavia, il ministro degli Esteri iracheno Hoshyar Zebari ha dichiarato all' Associated Press che fatale per il terrorista sarebbe stato l'ultimo video , la cui location sarebbe stata individuata.

Il comando militare statunitense afferma che il riconoscimento del cadavere è stato effettuato attraverso il rilevamento delle impronte digitali e verifica della somiglianza del volto. Dopo il raid che ha ucciso Zarqawi, secondo le forze Usa, sono stati condotti nella zona altri 17 attacchi aerei.

La famiglia del tagliagole ha dichiarato di "aver previsto da tempo che sarebbe diventato un martire in cielo". Dal canto suo la Nato ha detto che "di certo non ci mancherà".

Sulla testa del terrorista giordano pendeva una taglia di 25 milioni di dollari (20 milioni di euro), pari solo a quella del leader di al Qaida Osama Bin Laden.

La giornata sembra buona per il nuovo governo iracheno di al Maliki. Il premier ha anche annunciato la nomina, attesa da tempo, dei nuovi ministri della difesa, della sicurezza e degli interni. La nomina era stata bloccata da tempo per il "no" dei sunniti.

L'entusiasmo, tuttavia, è stato smorzato negli ultimi minuti per l'esplosione di un'autbomba in un mercato di Baghdad. Il bilancio, del tutto parziale, è di 13 morti e 28 feriti.

Link per saperne di più:

Wikipedia
Reuters Italia
Apcom
L'ultimo video del terrorista (L'Espresso)
Profilo di al Zarqawi (La Repubblica)

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mercoledì, giugno 07, 2006

Voli Cia, anche l'Italia tra gli accusati


C'è anche l'Italia. Il nostro paese è finito nella lista dei quattordici stati europei che hanno contribuito ai rapimenti e alle torture perpetrate dalle forze di sicurezza statunitensi contro persone sospettate di essere collegate ad al Qaida. Lo afferma il rapporto del Consiglio d'Europa presentato oggi a Parigi dal suo estensore, lo svizzero Dick Marty. Si può trovare un resoconto della notizia sul sito del Washington Post.

A finire nella lista infame sono stati, tra gli altri paesi, Svezia, Italia, Gran Bretagna, Turchia, Germania, Bosnia e Macedonia. Oltre a questi ci sono due paesi, la Polonia e la Romania, sui quali pendono accuse ancora più gravi: hanno ospitato prigioni segrete della Cia.

"E' ora chiaro che le autorità di diversi paesi europei hanno partecipato con la Cia a queste attività illegali. Alcuni altri paesi, pur sapendo, facevano finta di nulla. E altri ancora non volevano sapere", ha spiegato Marty.

L'investigatore svizzero è stato drastico. Per quanto Romania e Polonia continuino a negare, Marty sostiene di avere prove inoppugnabili (piani di volo, foto da satellite acquisite da agenzie europee ecc.) che dimostrano la fitta rete di voli della Cia, in cui venivano trasportati e spesso torturati prigionieri. Le due prigioni segrete erano a Szymany in Polonia e a Timisoara in Romania.

Il rapporto Marty verrà sottoposto il 27 giugno a Strasburgo al Consiglio d'Europa che, pur non avendo grandi poteri per emettere sanzioni, può dare una pesante condanna morale ai paesi coinvolti. E tra questi c'è il nostro. Marcopolo ringrazia anche di questo il governo Berlusconi.



Alcune link per saperne di più:

Rapporto Marty
Torture Abu Ghraib (Wikipedia)
Ansa
Ansa 2
Osservatorio sulla legalità
La Stampa
Amnesty International Italia
Amnesty 2
Corriere della Sera

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martedì, giugno 06, 2006

Diritti umani: gli Usa scelgono una bella compagnia


Ma sì, questa volta a George W., marcopolo glielo deve proprio dire: BRAVO!!! Come capo militare è una pippa, lo dimostra l'andamento della guerra in Iraq e di quella in Afghanistan. Come amministratore della cosa pubblica americana una schiappa. Ma almeno non è ipocrita.

Le torture nel carcere iracheno di Abu Ghraib, il carcere di Guantanamo, le "extraordinary reddition" con gente rapita, torturata e poi lasciata nelle mani di regimi noti per il loro rapporto un po' conflittuale col concetto di diritti umani, dimostrano che gli Stati Uniti considerano ormai superate le Convenzioni di Ginevra. Anzi, cerchiamo di essere più chiari, le considerano carta straccia. Il texano, a questo punto, pare abbia deciso di porre la parola fine a questa pinzellacchera dei diritti umani e starebbe valutando l'idea di ritirare gli Usa dalle Convenzioni.

I fatti sono stati riportati ieri dal Los Angeles Times. Il Pentagono (contro l'opinione del Dipartimento di Stato) avrebbe intenzione, secondo il LA Times, di togliere dai manuali militari sulla detenzione dei prigionieri le regole che impediscono "il trattamento degradante e umiliante" all'Articolo 3. Si tratta di una formula esplicitamente sancita dalle Convenzioni di Ginevra.

Oggi contro l'ipotesi s'è scagliato anche il New York Times. Secondo il quotidiano, il punto non è che togliendo quel riferimento si autorizza la tortura, visto che il Congresso Usa ha bandito sua sponte la tortura lo scorso anno. Il problema è che "rimuovere le Convenzioni di Ginevra tra le regole dell'Esercito dà al mondo un maggior motivo di dubitare".

Solo un problema d'immagine? Ovviamente no, e anche il Nyt lo dice chiaramente. Le torture documentate ad Abu Ghraib, di fatto, vengono punite anche dagli americani. Ma c'è una fascia grigia che rende, per gli americani, opportuna la cancellazione delle convenzioni. Si tratta degli interrogatori nello stile di quelli di Guantanamo. Dall'intelligence americana sono considerati indispensabili. Ma, di certo, come scrive il Nyt, non si può dire che siano in linea con l'Articolo 3.

In un momento in cui i soldati a stelle e strisce sono sotto accusa per il massacro di Haditha, in Iraq, e per altri episodi (perche' non ricordare anche l'uccisione di Nicola Calipari?), una ricollocazione americana rispetto alla questione dei diritti umani appare opportuna. Bush lo sa e lo sta facendo. Mettendo gli Usa accanto a paesi come la Cina, la Libia, l'Iran e la Corea del Nord. Marcopolo spera che la compagnia risulti gradita.

Alcune link per saperne di più:

Convenzioni di Ginevra (Wikipedia)
Convenzioni di Ginevra (Testi)
Rapporto 2006 Amnesty International (Stati Uniti)
Internazionale
Cafe' Babel

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sabato, maggio 20, 2006

Al Qaida, il nuovo capo è il mullah Omar?


Cosa si muove dentro al Qaida? Uno squarcio di luce lo dà ancora una volta Syed Saleem Shahzad, il giornalista di Asia Times che sta facendo un gran lavoro per spiegare quel che sta accadendo nella zona grigia di confine tra Afghanistan e Pakistan.

Syed afferma, nel suo ultimo articolo pubblicato, che Osama Bin Laden sarebbe ormai il passato di al Qaida. Non che sia morto, semplicemente ha finito i denari. Pur mantenendo la sua potenza evocativa nel mondo islamico, lo sceicco avrebbe ormai lasciato la palla al capo dei talebani, il mullah Omar.

Questo - spiega il giornalista pachistano - implica il fatto che al Qaida (tuttora "molto attiva sul terreno") ha cambiato la sua natura globale e si è inserita all'interno dell'attività jihadiste non più in una posizione sovraordinata. Non è più ormai ne' il banca di finanziamento, la Goldman Sachs del terrore, ne' il brand terroristico da appiccicare sui colpi jihadisti, se non per l'immaginazione dei nostri media.

Il motore dell'organizzazione, che come mission mantiene quella di promuovere la jihad gloobale "dal Khorasan a Gerusalemme", è il dottor Ayman al Zawahiri, mentre Osama resta sempre più defilato avendo perso negli anni la sua principale arma: i soldi.

Syed racconta, avendolo saputo dalle sue fonti, anche di una visita da parte di tre emissari di Abu Musab al Zarqawi, il capo di al Qaida in Iraq, ad al Zawahiri e Bin Laden, che sarebbero nell'area tribale del Waziristan settentrionale, non controllata da Islamabad ma ormai di fatto nelle mani dei talebani.

Zawahiri avrebbe mandato a dire al giovane giordano che è ora di smetterla con gli attacchi contro gli sciiti, visto che i fratelli islamici non devono attaccare gli altri fratelli islamici, anche se "tafkiri" (cioè non wahhabiti). Per il vertice qaedista sciiti e sunniti devono fare fronte comune contro i veri infedeli: le forze straniere guidate dagli statunitensi.

A giudicare dalle notizie che arrivano oggi da Baghdad (attentati contro gli sciiti a Sadr City) questo invito non è stato raccolto. O non è arrivato al giordano.

Alcune link dalla Blogosphere per saperne di più

http://edstrong.blog-city.com/power_shift_at_the_top_of_alqaeda.htm
http://intellibriefs.blogspot.com/2006/05/mulla-dadullah-international-terrorism.html
http://www.newshounds.us/2006/05/04/mullah_omar_oh_where_could_he_be_does_the_president_even_care.php http://www.jihadwatch.org/archives/011289.php
http://embedded.blogosfere.it/2006/05/il_mullah_omar_.html
http://www.inthebullpen.com/?p=4424
http://intelligence-summit.blogspot.com/2006/05/new-commander-key-to-taliban-spring.html


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mercoledì, aprile 26, 2006

Colpiscono il Cairo, ma puntano a Gerusalemme


Piccola aggiunta a quanto scritto su Osama e sul tentativo di al Qaida d'inserirsi nelle dinamiche politiche della questione palestinese. Gli attentati dell'altroieri e di oggi in Egitto, secondo diversi osservatori, nonche' la chiave di lettura del video del tagliagole giordano Abu Musab al Zarqawi, trasmesso ieri, s'inseriscono nella stessa logica.

Guido Olimpio sul Corriere della Sera oggi sottolinea come il n. 2 di al Qaida Ayman al Zawahiri (egiziano ed ex esponente della Fratellanza islamica) abbia detto già nel 2001 che "la via per liberare Gerusalemme passa dalla liberazione del Cairo". Così, è lo stesso al Zawahiri a innescare nel 2004 i kamikaze che colpiscono a Taba (dove, ricordo, morirono anche due ragazze italiane). La strage di Dahab, come quella di Sharm el Sheikh e quella di Taba, s'inserirebbero insomma nelle dinamiche del conflitto israelo-palestinese. E tenderebbero a delegittimare la scelta "elettorale" del gruppo estremista Hamas in Palestina, ma anche della Fratellanza in Egitto.

Qui, un piccolo inciso. L'autocrate corrotto Hosni Mubarak aveva promesso riforme prima di essere rieletto presidente. Le riforme non si sono viste, anzi. Il leader democratico Ayman Nour è stato sbattuto in galera con una scusa futile (falsificazione della documentazione elettorale...pare che sia di moda creare casi del genere, vedi caso che coinvolge Storace in Italia). La mossa ha lo scopo di spianare la strada al figlio dell'autocrate, Gamal. E, intanto, la cricca Mubarak continua a fare soldi sui resort turistici del mar Rosso. C'è da chiedersi perche' la nostra industria turistica, in barba al potenziale di rischio che c'è nell'andare in quelle zone, continui a mandarvi turisti.

Ma torniamo ai nostri terroristi. Anche al Zarqawi, mente certo meno fina di al Zawahiri, ha espresso concetti simili a quelli del numero due del brand terroristico. "O cara nazione islamica, noi facciamo come il Profeta, combattiamo in Iraq ma abbiamo sempre in mente Gerusalemme", ha detto il tagliagole.

Fatte queste considerazioni si pone un problema anche per noi occidentali. Bin Laden e Zawahiri hanno sempre condannato, scrive Olimpio, la scelta di Hamas di limitare la loro strategia kamikaze a Israele e di non esportare gli attentati all'estero, nelle località turistiche, contro gli israeliani in particolare. Da questo punto di vista, la divergenza strategica è pericolosa. Se, infatti, il primo ministro designato da Hamas, Haniyeh, si è affrettato a definire "un crimine odioso" l'attentato di Dahab non è perche' sia diventato buono, ma perche' teme che il messaggio di al Qaida e del salafismo più estremo possa attecchire nelle masse diseredate di Gaza, scavando il terreno sotto i piedi di Hamas stessa. In questo senso, c'è da chiedersi se, piuttosto che la strategia di chiusura e di stop agli aiuti decisa da Stati Uniti e Unione Europea, non sia più "efficace" la politica di dialogo con Hamas scelta da Russia e Cina. Sia chiaro: "efficace non vuol dire "eticamente giusta", ma talvolta anche Machiavelli può esser messo al servizio di un mondo meno pericoloso.

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domenica, aprile 23, 2006

Torna Osama, il mercante del terrore


Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio sul fatto che al Qaida stia tentando di appiccicare la sua etichetta anche sulla questione palestinese, oggi può metterlo da parte. A fugare questi dubbi è arrivato oggi il capo stesso del gruppo (ma si può chiamare così? forse potremmo chiamarlo "brand") terroristico: Osama Bin Laden.

Un nastro audio è stato diffuso dalla rete satellitare pan-araba al Jazeera. La voce apparirebbe essere proprio quella dello sceicco. Tra gli inviti al jihad, spicca una dichiarazione dal contenuto squisitamente politico e tatticamente molto efficace. Bin Laden sostiene che la decisione dell'occidente di tagliare gli aiuti all'Autorità nazionale palestinese, dopo la vittoria elettorale del gruppo radicale islamico Hamas, dimostra che è in corso "una guerra di crociati (ndr: cristiani) e sionisti (ndr: ebrei) contro l'Islam".

L'operazione è sottile. Hamas ha sempre rigettato legami con al Qaida. Il gruppo radicale è legato alla Fratellanza islamica egiziana (ma, in fondo, anche Ayman al Zawahiri, il numero 2 di al Qaida, proviene dalla Fratellanza...). Più volte gruppuscoli locali hanno affermato di fare riferimeto ad al Qaida, ma nessuno di questi ha mai avuto la portata di Hamas.

Invece, da tempo ormai, Hamas sta approfondendo i rapporti col mondo sciita. Ha cominciato con gli Hezbollah libanesi, ammirati per essere stati uno dei fattori che hanno spinto Israele a lasciare il Paese dei Cedri. Poi questi legami si sono allargati allo stesso Iran, che si è affrettato nei giorni scorsi a promettere ad Hamas 50 milioni di dollari in aiuti.

Resta da capire se e quanto Teheran abbia intessuto relazioni con la galassia fondamentalista che fa riferimento a Bin Laden. Nei giorni scorsi Mahmoud Ahmadinejad, il pasdaran presidente della Repubblica islamica, ha dichiarato che, in caso di attacco militare contro l'Iran, ha pronto un battaglione di decine di migliaia di kamikaze pronti a "operazioni di martirio". Questa comunanza di strumenti, certo, non dice quasi nulla su un eventuale avvicinamento tra Iran e al Qaida, che non si sono mai visti troppo di buon occhio, ma la dice lunga su quanto le scintille in Medio Oriente mettano a rischio anche le nostre città.

Di certo, una gran familiarità con l'utilizzo dei kamikaze (o con la strumentalizzazione di essi, soprattutto dopo che hanno portato a termine attentati) ce l'ha al Qaida. Osama, anche nell'audiocassetta diffusa oggi, ha posto obiettivi strategici. "Mi rivolgo ai mujaheddin e i loro sostenitori, specialmente in Sudan e nella penisola araba, perche' si preparino a una lunga guerra contro gli invasori crociati in Sudan occidentale. Il nostro scopo non è difendere il governo di Khartoum, ma difendere l'Islam, le sue terre e la sua gente", dichiara lo sceicco facendo riferimento alla questione del Darfur e alla missione Onu che lì opera. Proprio in Sudan Osama s'era rifugiato prima di trovare accoglienza nell'Afghanistan dei talebani.

Ah, il messaggio ci dice anche un'altra cosa: Osama è vivo e lotta contro di noi.

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lunedì, marzo 27, 2006

Lo sceicco del terrore e il "matto" di Kabul


Oggi il MarcoPolo voleva occuparsi di Ucraina, Bielorussia, del ruolo che sta riassumento la Russia nei paesi vicini e dipendenti dalle sue forniture di gas. Ma la cronaca l'ha sopraffatto e deve di nuovo parlare di Iraq e di Afghanistan.


Iraq

L'ennesimo attentato suicida, questa volta vicino a Mosul, ha ucciso almeno 40 iracheni, molti dei quali erano reclute dell'esercito. Altre 20 persone sono rimaste ferite. Quando MarcoPolo scrive tante di queste risultano essere in condizioni particolarmente gravi. Il bilancio, insomma, potrebbe crescere ulteriormente. E' l'attentato più sanguinoso del 2006, dopo quello che è costato la vita a 70 persone a gennaio a Ramadi.

A rivendicare l'attentato suicida è, ma queste rivendicazioni vanno sempre prese con le molle, al Qaida. "Un fratello della Penisola di Maometto (Arabia Saudita, ndr), con una cintura di esplosivi, si è lanciato questa mattina contro la base dei crociati situata a nord est della città di Taalafar, e si è infiltrato fra centinaia di reclute prima di farsi esplodere", recita il testo del comunicato. "L'operazione - aggiunge - si è risolta con centinaia di morti e feriti". Si tratta davvero dell'organizzazione di Osama Bin Laden? Di mitomani? Di realtà virtuale? Non lo sapremo mai.

Il bilancio di sangue della giornata, tuttavia, non finisce qui. Almeno 20 cadaveri sono stati ritrovati a Baghdad in due diversi punti della città. Molti avevano corde al collo, erano ammanettati e bendati. L'ennesimo caso di violenza tra sunniti e sciitimolto probabilmente.

E' sempre più una guerra di tutti contro tutti. Lo dimostra l'ultimo episodio avvenuto ieri. Le forze statunitensi, col sostegno di quelle irachene, effettuano un raid violentissimo nella moschea sciita di Mustafah, a Baghdad. Nell'operazione vengono uccise 16 persone, ma la polizia irachena dice 22. Il ministro degli Interni iracheno Bayane Jabr Soulagh definisce il raid "ingiustificato" e accusa: non è vero, come hanno detto gli americani, che le vittime sono ribelli, ma semplici fedeli in preghiera. Il governatore di Baghdad Hussein Tahan convoca una conferenza stampa e minaccia: "Prenderemo misure più decise per preservare la digntà dei cittadini iracheni".

Afghanistan

Anche di quest'altro "hot-spot" della politica mondiale c'è da parlare oggi. Una mina a Helmand, nel sud del paese, ha provocato la morte di tre persone. Quante mine ci sono in Afghanistan? Un'infinità. E' un paese che viene da 30 anni di guerra. Mine sovietiche, cinesi, italiane, americane, continuano a infestare il paese e ogni tanto ne salta una. A pagare il prezzo più elevato sono i bambini, che sono anche i più indifesi e curiosi.

Ma a dominare l'informazione su questo disgraziato paese centro-asiatico, al momento, è un'altra vicenda. Quella del cristiano convertito Abdul Rahman. In Italia ne stiamo facendo una bandiera, ha fatto un appello anche il papa Benedetto XVI. Il ministro degli Esteri Gianfranco Fini giorni fa era intervenuto e aveva cantato vittoria affermando che l'uomo era ormai salvo. Cosa era accaduto? La pubblica accusa aveva decretato che Abdul è matto...Non erano stati considerati alcuni elementi: il primo, la testardaggine dell'uomo che non vuole essere considerato matto, ma rivendica la sua conversione (vocazione al martirio); il secondo, la piazza che di Abdul vuole la testa.

Dopo che ieri la Corte suprema afgana ha ordinato una nuova inchiesta (che può voler dire scarcerazione per Abdul, ma anche nuova condanna a morte), oggi centinaia di persone sono scese in piazza a Mazar-i-Sharif. Non per chiedere di salvare la vita all'apostata, ma per chiederne l'uccisione. C'è un braccio di ferro in corso, intanto, tra il governo di Hamid Karzai, il debole presidente afgano conosciuto sprezzantemente anche col nomignolo di "sindaco di Kabul", e le autorità religiose del paese. Karzai non può permettersi di avere cattiva stampa in occidente. I mullah non ci pensano neanche a farsi scappare una bella esecuzione che faccia da lezione ai eventuali anime poco accorte al Messaggio del Profeta.

Viene anche alla luce il contesto in cui è nata la vicenda. Secondo il quotidiano arabo Elaph, la conversione di Abdul è avvenuta durantre la frequentazione di un gruppo di volontari che aiutavano i profughi afgani in Pakistan e poi è stata portata a termine in Germania. L'arresto dell'uomo è avvenuto da parte degli stessi familiari che, evidentemente preoccupati che ai due figli dell'uomo fosse negato in futuro il Paradiso in seguito a un'improvvida conversione, l'hanno denunciato. Poi, quando l'uomo è stato addirittura condannato a morte, i familiari hanno testimoniato che l'uomo dava segni di squilibrio. Farlo apparire scemo: un ottimo escamotage per salvargli la pelle e rimuovere il problema. Peccato che Abdul non ci pensi nemmeno a voler passar per pazzo. E, forse, per questo lo è davvero.

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giovedì, marzo 23, 2006

Granelli di realtà


Le forze statunitensi continuano a ripetere che in Iraq le cose migliorano. E, invece, le cose non stanno così. Oggi, 23 marzo 2006, a tre anni dall'inizio della guerra, almeno 56 persone sono morte o sono state trovate uccise in esecuzioni, bombe e scontri a fuoco. Non male per un paese ormai "pacificato".

Anche Francis Fukuyama, lo ricordate? era il teorico della "fine della storia", ha abbandonato il campo neo-con negli Stati Uniti. La vittoria di Hamas in Palestina, l'affermazione dei Fratelli musulmani in Egitto, la montante ondata islamista in tutto il Medio Oriente stanno dimostrando che era la democratizzazione sulla punta del fucile non funziona. Ma non perche' sia brutta la democrazia. Semplicemente perche' nelle cose del mondo non ci sono automatismi che possono essere applicati così facilmente. La realtà fugge via dalle mani, incontrollabile, sottile come sabbia del deserto.

MarcoPolo vuole raccontare questi granelli di realtà. Senza l'ambizione di parlare di tutto, senza la certezza di avere Verità in tasca. Ma partendo, questo sì, dai fatti.

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