venerdì, aprile 21, 2006

Risiko nucleare in Medio Oriente


Finora si è parlato di quel che accade "in" Iran. MarcoPolo, invece, vuole buttare un fascio di luce su cosa accade "attorno" all'Iran. Che tipo di reazione, cioè, potrebbe provocare un'eventuale ingresso di Teheran nel club atomico in paesi arabi vicini, in particolare in quelli dalla collocazione più ambigua. Per esempio: l'Arabia Saudita.

C'è un tam tam in corso in certa pubblicistica vicina ai servizi d'intelligence (in particolare, francesi...). Le notizie che MarcoPolo riporta oggi sono tratte proprio da quella pubblicistica.

Diplomatici e ambienti militari delle monarchie del Golfo, da sempre nemiche strategiche regionali di Teheran, considerano un'azione militare americana contro le cinque strutture nucleari iraniane come ineluttabile. Alcune fonti ritengono che l'attacco (Usa, o coordinato Usa-Israele) avverrà entro la fine dell'anno. Quindi, si pongono un problema: è pensabile che l'Iran non consideri obiettivo le vulnerabili strutture petrolifere di questi paesi? No, non è possibile e lo scenario in quel caso è da incubo.

Riyadh non ha alcuna intenzione di restare vulnerabile rispetto alla potenza regionale sciita. In questo quadro si pone una visita compiuta la settimana scorsa da Sultan bin Abdulaziz, principe della corona saudita e ministro della Difesa, in Pakistan. Lì ha incontrato il presidente Pervez Musharraf, il ministro della Difesa Raw Iskandar, il capo dell'Isi (il servizio segreto che ha "creato" i talebani) Ashfaq Pervez Kiani e il capo dell'antiterrorismo dell'Isi Mohammad Zaki. Piatto forte del programma pachistano di Sultan: una bella gita a Kahuta, dove ci sono i laboratori di ricerca dove vengono sviluppate le bombe atomiche pachistane. Non è il primo approccio di questo tipo da parte di Riyadh. Nell'ottobre 2004 il figlio di Sultan, Khaled, fece visita ai laboratori creati dallo scienziato Abdul Qhader Khan, la cui figura è nota alle cronache per essere un noto "proliferatore" di tecnologia nucleare.

Durante la visita a Kahuta, Sultan ha chiacchierato amabilmente con l'ex capo dei laboratori Javed Arshad Mirza, per dirgli che l'Arabia Saudita ritiene necessario migliorare le competenze dei propri fisici in vista dello sviluppo di un programma nucleare che preveda anche la produzione di urano arricchito. Ovviamente, a "uso civile"...almeno quanto quello di Teheran, è lecito sospettare.

Perche' tutto questo attivismo proliferatorio da parte di Riyadh? La pubblicistica dell'intelligence ha una risposta. Al Direttorato generale saudita dell'intelligence sarebbero arrivati rapporti sempre più allarmati dalle "antenne" di Teheran in merito a un'accelerazione senza precedenti del programma nucleare iraniano da quando i Pasdaran (le Guardie rivoluzionarie, la frangia più estrema del movimento khomeinista, di cui il presidente Mahmoud Ahmadinejad è un rappresentante) sono saliti al potere. In seguito a questi allarmi, il re saudita Abdallah bin Abdulaziz avrebbe chiesto a Sultan di prendere le "opportune contromisure". E, in una visita ufficiale a febbraio a Islamabad, il re personalmente avrebbe posto le basi per la cooperazione nucleare. A Sultan e al figlio sarebbe stata affidata la parte tecnica della realizzazione del progetto.

Ma i guai non finiscono qui. Ai sauditi non basta il sostegno tecnico pachistano. E così si sarebbero anche rivolti all'Egitto. Regolarmente scienziati egiziani si recherebbero in territorio saudita per fornire i propri servigi. In cambio l'uomo forte del Cairo, Hosni Mubarak, spera di poter far risorgere dalle sue ceneri il programma nucleare militare egiziano, con denari sonanti sauditi.

Le mosse di Riyadh, inoltre, si basano anche sull'assunto che la dinastia saudita non si sente più troppo a proprio agio nelle vesti di chi dipende in tutto e per tutto, sul fronte della sicurezza, dagli Stati Uniti. Ai sauditi non dispiacerebbe dislocare un po' di missili pachistani sul proprio territorio, in particolare i Ghauri Hatf-5 (variante dei Nodong nordocoreani), che hanno una gittata di 1.000 km, ottimi per una risposta a eventuali attacchi alle strutture petrolifere da parte dei missili iraniani Shahab-4. D'altro canto, il Pakistan non disdegnerebbe di mostrare a Washington una capacità propria, visto anche il riavvicinamento che George W. Bush ha avuto col nemico storico di Islamabad, l'India.

Quale che sia il livello di certezza di queste notizie, un fatto è certo: la partita non riguarda solo l'Iran.

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2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ti propongo uno scenario da fantapolitica, la butto lì, magari (anzi sicuramente) è una cavolata ma sono le riflessioni di un caldo sabato mattina.
1) Gli Usa non possono attaccare direttamente l'Iran se non a scapito di un biasimo internazionale, ed in ogni caso non è detto che un attaco aereo (che è l'unico praticabile da parte degli Usa) risolverebbe la questione.
2) un attacco diretto di forze occidentali sull'Iran provocherebbe ritorsioni anche terroristiche da parte di molti paesi arabi.
3) il pakistan ultimamente ha capito che essere amico degli americani può far comodo specie nei confronti dell'India.
4) l'Arabia Saudita è da sempre un cagnolino scodinzolante nei confronti del padrone americano.

Scenario. Il Pakistan fornisce armi nucleari all'Arabia. L'Arabia attacca l'Iran per motivi di difesa preventiva. Gli Usa proteggono l'Arabia da un'eventuale risposta iraniana.
In questo modo gli Usa raggiungono l'obiettivo desiderato senza sporcarsi le mani anzi facendo belle figura con gli altri paesi del Golfo. Israele sta buona al suo posto e quindi paesi come la Siria e la Giordania non possono dire nulla. Gli Usa da bravi fratelli maggiori si occuperanno in seguito "di finire quello che altri hanno iniziato" giustificando eventuali azioni di attacco come semplice difesa militare di un paese amico. L'iran si troverebbe in una situazione simile all'attuale Iraq.
Ripeto sono tutte cavolate di fantapolitica ma la butto lì, hai visto mai.

1:10 PM  
Blogger Genji said...

Lo scenario non è poi tanto fantapolitico. E gli ultimi anni ci hanno dimostrato che la fantasia rischia di essere sempre fin troppo realista rispetto alla realtà. Tuttavia dubito che l'Arabia Saudita attaccherebbe l'Iran. Tra l'altro, l'esigenza geopolitica del Pakistan al momento è quella di "differenziare" le sue garanzie di sicurezza.

Tra le premesse che tu hai fatto, ce ne sono due che non mi convincono del tutto:

1)Il Pakistan ultimamente è deluso dagli Usa visto l'avvicinamento che Bush ha avuto rispetto all'India per motivi, ovviamente, legati al contenimento della Cina. Teniamo inoltre presente che Islamabad ha un importante affare in ballo con Teheran: l'oleodotto che dovrebbe unire Iran e India passando proprio per il Pakistan.

2) La monarchia saudita ha avuto sempre un atteggiamento ambivalente rispetto all'alleato americano. E' vero che è stata sempre allineata e coperta, ma è anche vero che sottobanco ha protetto al Qaida e continua a finanziare i movimenti radicali islamici, soprattutto quelli wahhabiti, in tutto il mondo islamico. Se Teheran, dopo il blocco degli aiuti all'Autorità palestinere s'è affrettata a regalare ad Hamas 50 milioni di dollari, Riyadh non è stata da meno e ha fatto altrettanto. E questo a Washington non è che debba essere piaciuto molto.

Per restare nel campo, insomma, della fantapolitica, io resto convinto che un eventuale attacco contro il progetto nucleare iraniano sarà condotto direttamente dagli Usa, gli unici che hanno armi così sofisticate da arrivare a bunker sotterranei profondi, magari con il sostegno di Israele. E sarà un attacco "mirato", senza operazioni di terra, che hanno dato pessimi risultati in Iraq, come possiamo vedere ogni giorno.

Resta, in questo scenario fantapolitico che ho disegnato, un enorme interrogativo: che faranno Russia e Cina? Sembrerebbero al momento interessatissime a stoppare ogni velleità bellica americana. Ma da qui alla fine dell'anno tante cose cambiano.

6:02 PM  

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