sabato, aprile 29, 2006

Quel che bisogna sapere dell'Iran


Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) Mohamed ElBaradei ha consegnato ieri il suo rapporto sulla questione nucleare iraniana. Vi si accusa il regime di Teheran di non aver fermato le operazioni di arricchimento dell'uranio, che potrebbero preludere allo sviluppo di armi nucleari da parte iraniana. Questa evoluzione rafforza la posizione degli Stati Uniti, che chiedono una risoluzione da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti in cui non s'escluda l'uso della forza contro l'Iran, e mette in imbarazzo Russia e Cina, che invece sono per una posizione dialogante rispetto a Teheran. Tanto che oggi il ministro degli Esteri Sergei Lavrov oggi è intervenuto con decisione sull'Iran per chiedere l'immediata interruzione di queste attività.

Teheran, dal canto suo, nicchia. Continua ad affermare che il suo programma nucleare è solo a uso civile, ma nello stesso tempo utilizza formule bellicose per lasciare sfumatamente intendere che in realtà il suo scopo è proprio quello di dotarsi dell'atomica. Una tattica, potremmo dire, nordcoreana. Che però non tiene conto del fatto che, rispetto alla Corea del Nord, l'Iran è strategicamente molto più rilevante e inserita in una regione molto meno "coperta" da una potenza come la Cina. Sembra che Mahmoud Ahmadinejad e i suoi non si rendano conto che Washington fa sul serio.

La strategia iraniana è irritante. Ma nello stesso tempo, senza una chiara analisi della sua situazione interna, difficilmente riusciremo a capire quel che si muove nella Repubblica islamica khomeinista e a fare una valutazione fredda. Pensare all'Iran come a un Iraq più popoloso, come a una rigida dittatura araba (e gli iraniani sono in maggioranza persiani, non arabi) sullo stile di quella del rais di Baghdad o di Damasco o anche di Amman e il Cairo, è frutto di uno strabismo intellettuale desolante per noi occidentali.

La società iraniana è al centro di grandi cambiamenti. Non è assolutamente chiaro quali saranno gli sviluppi di questa realtà politica ed economica, fatta di tantissimi giovani. Prezzo del petrolio permettendo, non è escluso che l'Iran sia sul punto di un importante sviluppo economico-politico, tanto che alcuni osservatori iraniani paragonano questa fase della rivoluzione khomeinista come caratterizzata da una specie di Banda dei Quattro (Ahmadinejad e i suoi alleati) con i Pasdaran come le Guardie rosse. Ma anche queste suggestioni possono essere fuorvianti.

Cerchiamo di capire com'è formato il panorama politico iraniano. Prendiamo questa analisi da uno dei migliori giornali che si occupino di questioni orientali, l'Asia Times. Sono quattro le fazioni che si stanno sfidando a Teheran in una lotta per il potere all'ultimo sangue.

  • La prima fazione è una specie di estrema destra, molto religiosa, che sembra allineata ai Fratelli musulmani egiziani (e anche il contraltare dei neo-con e dei fondamentalisti statunitensi che, per motivi teologici, sono sionisti e credono l'Iran sia il principale ostacolo all'arrivo del nuovo Messia). Questa prima fazione sembra essere interessata al superamento delle storiche divisioni coi sunniti e fa il tifo, in Iraq, per il giovane religioso sciita arabo Muqtada al Sadr, capo delle milizie dell'Esercito del Mahdi. Questa fazione è vicina anche agli Hezbollah libanesi. A questo gruppo fanno fanno riferimento i Pasdaran e Ahmadinejad, che è la loro massima espressione. Questo rende il presidente iraniano non un'espressione diretta della Guida spirituale ayatollah Ali Khamenei, che infatti alle presidenziali aveva un altro candidato favorito, Baqer Qalibaf. E' un errore consueto, in Occidente, consideraere Ahmadinejad come una marionetta di Khamenei: non è così. Al momento questa fazione, pur avendo imposto il proprio presidente (anche attraverso ampi brogli), sembra sulla difensiva, rispetto a un'inedita alleanza che si sarebbe creata tra i religiosi, all'area pragmatica di Hashemi Rafsanjani (l'Andreotti iraniano...)
  • La seconda fazione è quella che fa riferimento alla Guida spirituale, il successore di Ruhollah Khomeini, l'ayatollah Khamenei. Il suo nerbo è costutuito da religiosi provinciali. Sono conservatori puri, legati alla "purezza" della rivoluzione islamica del 1978, per nulla interessati a forme d'integrazione con i sunniti. La loro grande utopia è quella di unire il popolo iraniano sotto l'unica bandiera del velayat-e-fatiqh (l'autorità della Legge, islamica ovviamente). Sono più interessati al rafforzamento delle fondazioni, dalle quali traggono la loro ricchezza economica, e comprendono che un confronto forte col Grande Satana statunitense crea problemi economici. D'altronde, se Washington desse una spallata al giovane populista Ahmadinejad, a loro non è che dispiacerebbe troppo.
  • La terza fazione è quella della sinistra riformista dell'ex presidente M0hammed Khatami. Anche questa nasce da una costola della rivoluzione islamica e, precisamente, si rifà ad Ahmad Khomeini, il figlio del grande ayatollah che morì in circostanze misteriose negli anni '90. Legati al concetto di "dialogo delle civiltà", hanno subito un indebolimento forte perche' il loro terreno è stato scavato a sinistra da formazioni più radicali e più secolari.
  • L'ultima fazione è quella di Rafsanjani, pragmatica e centrista, capace di sfruttare destra e sinistra. Oggi guarda a "sinistra", cercando di catalizzare il sostegno di sempre più giovani provenienti dalle città e di intellettuali spaventati dagli eccessi di un Ahmadinejad, tanto incontinente nelle sue esternazioni, in quanto sempre più messo di lato dalle leve del potere reale. Rafsanjani è e resterà sempre fedele a Khamenei, ma nello stesso tempo è capace di dialogare col mondo secolare. Ha perso le elezioni, ma sa interpretare il ruolo di "vecchia volpe" che non necessariamente finisce in pellicceria. In Italia noi abbiamo un esempio abbastanza evidente di questo tipo di politico...

Da questa classificazione ho volutamente tenuto fuori la corrente politica più di sinistra (come i comunisti del Tudeh) e più secolare, che è fortissima tra i giovani. Questo non per motivi numerici, anzi. Ma perche' non è in questo momento così dentro i giochi da poter essere rilevante per il discorso che marcopolo vuole fare.

C'è margine di manovra per la diplomazia internazionale, insomma. L'esigenza di uno sviluppo economico, per dare una risposta alle giovani generazioni in cerca di lavoro, potrebbe portare a una liberalizzazione degli affari (e di conseguenza dei costumi), piuttosto che alla catastrofe di una guerra con gli Usa che, secondo un conto dell'Accademia delle scienze americana, potrebbe costare un milione di morti tra i civili.

Ahmadinejad e i suoi amici Pasdaran, con le loro dichiarazioni bellicose, potrebbero saldare un fronte tra le fazioni pagmatica e progressista (con una complice non belligeranza di quella religiosa), al fine di rispondere a queste esigenze di sviluppo economico che è il vero interesse dell'Iran. E potrebbero anche essere messi fuori gioco. Non dimentichiamo che le elezioni in cui il populista è stato eletto sono state marchiate da brogli e irregolarità di ogni tipo e che la percentuale di iraniani che votò fu minima. Ma per garantire un'ipotesi del genere, la comunità internazionale deve avere la capacità di essere ferma senza sbattere la porta in faccia all'Iran. Una chiusura totale, la minaccia di guerra, il tentativo di umiliare gli iraniani, porterebbe a un compattamento favorevole solo alle parti più irresponsabili della politica iraniana. E questo porterebbe al disastro.

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